
Il mio primo approccio allo sport è stato il calcetto, all’età di tre anni. Fu una parentesi di tre anni, poco entusiasmante, dal momento che con i piedi non ho mai avuto un talento particolare. All’età di sei anni, vista la mia grande propensione a correre per scappare dalle ramanzine dei miei genitori, sono stato portato per la prima volta in un campo di atletica leggera; fu amore a primo scatto. Ho un bellissimo ricordo di quel periodo e, nonostante l’atletica sia uno sport prettamente individuale, già allora capii che lo sport è famiglia prima che competizione e agonismo.

Dopo soli quattro anni però, come ogni bambino irrequieto che si rispetti, chiesi ai miei genitori di cambiare nuovamente. Ricordo che in quel periodo, precisamente dopo le olimpiadi di Londra, avevo sviluppato un interesse non indifferente per il Basket. Questo mi aveva convinto a scegliere, almeno momentaneamente, di fare una prova nella scuola che frequentavo. Il caso ha voluto, però, che io quella prova non la facessi proprio, dal momento che, arrivato in palestra in anticipo, rimasi affascinato dalla Pallavolo.
Inizia così, un po’ per caso, il mio percorso in questo sport del quale sono tutt’ora innamorato.
I primi anni ricordo di averli vissuti con grande entusiasmo nonostante fossero allenamenti molto ripetitivi sulla tecnica di base. Le prime avversità le ho incontrate dopo il primo cambio di società, passando ad un livello più alto e sicuramente più agonistico. Il confronto con i miei compagni di squadra, più grandi e anche più forti, è stato il primo grande ostacolo da superare. La voglia di giocare mi sottoponeva ad un’enorme pressione, utile per migliorare ma che dopo un po’ ha prodotto l’effetto opposto facendomi addirittura pensare di cambiare sport.
Per fortuna la mia perseveranza ha dato i suoi frutti e, piano piano, ho iniziato a superare questo momento negativo e di conseguenza anche a migliorare e imparare dai miei compagni di squadra.
Nell’ultima stagione, però, ho vissuto il periodo più buio della mia esperienza sportiva, prima con la graduale perdita di stimoli e voglia di continuare, poi, a coronare il tutto, ho subito un brutto infortunio alla caviglia che mi ha tenuto fermo per circa tre mesi. Questo periodo di stop mi ha inizialmente buttato a terra il morale ma col passare del tempo ho ritrovato la fame e la voglia di continuare a giocare.

È stato in questo periodo di “rinascita” sportiva che ho incontrato la famiglia Virtus e, grazie anche Gianni e Kikka che hanno voluto puntare su di me, ho riacquisito fiducia in me stesso. Fiducia che oggi mi permette di lavorare al 100% nel progetto Virtus Kids con grande passione in quanto credo fermamente nell’importanza di un introduzione alle attività motorie per i bambini sin dai primi passi. È molto importante insegnare il prima possibile ai bambini ad avere percezione di sé nello spazio e le capacità coordinative così da renderli in grado di assimilare meglio i movimenti di base di qualsiasi sport decideranno di praticare in futuro.
